Non esistono rapporti perfetti ed i litigi fanno parte della perfezione di questa imperfezione.
Ricordo con divertimento le liti furibonde con mia sorella a 4 o 5 anni, ci insultavamo, ci tiravamo i capelli... ma dopo 10 minuti ritornavamo a giocare... mia mamma racconta ancora oggi con stupore questi episodi che a distanza di un bel po' di tempo ha ancorato nella sua memoria...
Come mamma anche a me capita di dover gestire i litigi tra la BimbaGrande e il Piccoletto o con altri bambini con cui giocano entrambi... e qualche dubbio su "farò la cosa giusta?!" mi viene, per questo sono rimasta colpita da una ricerca dell'anno scorso proprio su questo argomento.
In un interessante articolo di Antonella de Gregorio (apparso su: http://27esimaora.corriere.it/) si riporta i risultati di una ricerca che ha coinvolto circa 500 bambini di scuole elementari e materne di Torino, di età compresa tra i 3 e i 10 anni.
Questi, messi nella condizione «giusta», presentano ottime capacità di regolazione:
sanno fare la pace, anche dopo un bisticcio animato, in tempi
ragionevoli, senza strascichi. Strapparsi di mano un oggetto, darsi uno
spintone, escludere un amichetto dal gioco, sono comportamenti
istintuali, al nido e alla scuola materna. Il litigio viene definito come «Un sistema per conoscere il
mondo e se stessi». Un modo per valutare i
propri limiti e quelli degli altri e imparare che picchiando o
insultando si viene picchiati o insultati. Lo fanno i cuccioli di
qualsiasi specie, anche i piccoli di scimpanzé – spiega Marina
Butovskaya, che con un gruppo di antropologi dell’Accademia russa delle
scienze ha analizzato la capacità innata di riconciliarsi che hanno
bambini e primati di uno stesso gruppo. Basta che l’adulto non
intervenga a complicare la situazione. «Non serve correggere, o dare la
soluzione “giusta”: i bambini subiscono l’intervento degli adulti,
perdendo le loro naturali capacità di autoregolazione», spiega Novara.
L’applicazione del «metodo maieutico» triplica la percentuale di accordi spontanei e favorisce una diminuzione delle liti. Per questo metordo occorre: Un gomitolo di lana, un dado, foglietti per prendere appunti e una grossa molletta per raccoglierli: il kit «per gestire i litigi» sembra un gioco in scatola, di quelli da mettere sotto l’albero di Natale. E invece è uno strumento di lavoro per insegnanti, educatori, per chi lavora con gruppi di bambini.
In cosa consiste il metodo? «Due passi indietro e due avanti – spiega Novara -. Primo:
sforzarsi di non fare più l’orribile domanda: “Chi ha iniziato?” o “Chi
è stato?”, che comunica al bambino l’idea che verrà giudicato e
punito», dice il pedagogista. Poi bisogna rinunciare a fornire
una soluzione: «Atteggiamento che crea dipendenza nei bambini, costretti
così a rivolgersi sempre all’adulto per sapere cosa fare».
I passi avanti? Aiutare i piccoli litiganti a parlarsi, piuttosto che
spegnere il litigio, chiedendo loro: «Dammi la tua versione» e usando i
bigliettini per scrivere o rappresentare con un disegno il loro punto
di vista: serve a stemperare le emozioni e fa intravvedere la
possibilità di uscire dalla situazione.
Su un altro
foglietto si invitano i bambini a trovare da soli un accordo. La
molletta raggruppa gli accordi raggiunti. Il gomitolo di lana
interviene come oggetto simbolico: occorre un tempo per sciogliere ciò
che è stato annodato, dipanare la matassa degli equivoci. E il
dado stabilisce i turni: chi parla per primo. Tutto si basa
sull’osservazione che, almeno fino a 6 anni, i bambini non hanno
tendenze lesive verso i coetanei, non c’è «intenzionalità» di fare male.
E anche fino ai 10 anni si può «stare a guardare» con una certa
tranquillità.
Per insegnanti e genitori è difficile resistere alla tentazione di riportare la calma. Imparare a gestire le contrarietà dei piccoli, però, è un esercizio con ricadute positive: per l’adulto, che può essere portato a sedare il conflitto perché gli fa paura o perché attiva dinamiche autobiografiche non sostenibili. E per il bambino, che se impara a vedere le cose da un punto di vista che non è il suo, avrà relazioni migliori con gli altri.
«Uscendo dal tunnel della ricerca dei colpevoli – conclude Novara –
si apre uno scenario dove i bambini possono tirare fuori il meglio di sé
e diventare alleati nella loro stessa educazione». Con la speranza che
crescendo riusciranno a impegnarsi in una convivenza più evoluta di
quanto noi oggi non riusciamo a fare.
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